Nel 1999, il Museo ha acquisito la sua collezione malacologica, composta di oltre 100mila esemplari
La collezione di conchiglie
Il mio interesse per la flora e per la fauna cominciò a manifestarsi fin da molto piccolo, incontrando subito l’approvazione di mia madre, approvazione che si concretizzò accompagnandomi ad una prima visita all’abitazione-museo di Pietro Zangheri, il grande naturalista forlivese, all’incirca quando compivo i dodici anni, nei primi anni 50 del secolo scorso (allora abitavamo a Forlì, dove sono nato nel dicembre del 1939).
Fu un incontro che decise il futuro della mia vita come curioso di cose naturali, che già avevo iniziato a raccogliere e conservare, con i mezzi ed i metodi di un ragazzino sì, ma affascinato dal mondo degli insetti con una prima collezione di farfalle e di piante, con un mini-erbario delle foglie raccolte in autunno attorno a casa.
Trovare un imprevisto riscontro delle mie modestissime esperienze in un Professore - come lo chiamava con rispetto mia madre - mi convinse che avrei destinato molto del mio tempo libero all’osservazione ed alla raccolta di quel mondo della natura che mi stupiva per quella strabiliante varietà di forme, colori, odori, portamenti e comportamenti che ora passa sotto il nome di biodiversità naturale. Nei limiti delle mie modeste possibilità di spostamento, ossia a piedi o in bicicletta, cercai anche di collaborare con il Maestro alla raccolta della fauna ittica locale, in particolare andando a pescare nei fiumi Ronco e Montone, ed in bacini artificiali lasciati dall’escavo di argilla per una fornace alla periferia sud-est di Forlì. Con un amico vicino di casa, giovanissimo cacciatore, iniziai poi una raccolta di penne remiganti e caudali degli esemplari abbattuti nei dintorni di casa e soprattutto in un capanno da caccia di un podere presso Bussecchio, di proprietà dell’amico vicino.
Purtroppo non ebbi molte occasioni di rivedere il Maestro, da cui avevo anche ricevuto in regalo alcuni testi illustrati sui lepidotteri, molto apprezzati per la rarità di quel tipo di manuali a quei tempi, soprattutto in considerazione della mia famiglia, di condizione operaia e casalinga.
Nello spirito della vastità di interessi di Pietro Zangheri, stavo facendo … collezione di collezioni, cominciando anche ad interessarmi di geologia e di archeologia tramite la collaborazione con Deano Pantoli, che curava la raccolta di reperti fossili e di libri anche originali antichi, che acquistava per poter procedere alla determinazione dei copiosi materiali rinvenuti soprattutto nelle vicine colline (ricordo Bertinoro, Castrocaro, Rio Cozzi, ecc.). Ma l'amicizia con Deano si concretizzò anche in altre attività, come un memorabile viaggio in Siclia ... in Vespa 250, dalla cima dell'Etna alla necropoli di Megara Iblea, dove provammo il brivido di scoprire un sepolcro inviolato, credo di epoca protocorinzia.
La parentesi degli studi superiori ed universitari a Bologna, dove mi laureai in chimica industriale nel 1965, rallentò molto l’attività di ricerca, che invece riprese dal 1968 quando mi trasferii a Ravenna per lavoro, appena sposato con Grazia Beggio, come capo laboratorio chimico in una industria del comparto petrolifero (Phillips Carbon Black Italia). In quel laboratorio potei approfondire le mie conoscenze sulle metodiche analitiche di campioni di acqua, aria e suolo, che poi mi sarebbero state utilissime nell'attività volontaria del WWF Ravenna, cui mi iscrissi nel 1971.
Infatti l’interesse per la natura subito suscitato dalle prime frequentazioni delle pinete e delle valli ravennati mi avevano portato a conoscere il mio secondo Maestro, Eros Stinchi e a frequentare la sezione ravennate del WWF, allora emergente realtà nel mondo dell'associazionismo protezionistico internazionale. Dai primi anni ‘70 del secolo scorso cominciai ad occuparmi sempre più direttamente della gestione di un gioiello naturalistico come le Punte Alberete, un raro esempio di bosco allagato che Eros aveva strappato alla “bonifica”, che aveva eliminato quasi ogni traccia delle antiche grandi paludi storicamente presenti attorno a Ravenna. In questo contesto bisognava imparare a conoscere sempre meglio flora e fauna peculiari di questi splendidi ambienti, perché il primo passo verso la tutela della natura consiste proprio nel saper riconoscere il valore di ogni specie, con particolare riguardo per quelle meno comuni e più minacciate.
Sotto la guida di Eros Stinchi iniziai a lavorare soprattutto alle Punte, con altri soci del WWF che mi piace ricordare: Davide Emiliani, Francesco Giardini, Paride Montanari, Grazia Beggio, Gianfranco Bustacchini, Umberto Cannellini, Maurizio Padovani, Fausto Stradaioli, Giovanni Nardi, Eugenia Ranzi, Angelo Palmieri, Roberto Montanari, Leonardo Senni, Daniele Camprini, Roberto Zaffi, Luciano Piazza, e molti altri, incluso Paolo Bezzi, socio fondatore della sezione ravennate.
Nel 1973 e nel 1975 la sezione WWF organizzò i "campi di lavoro" estivo, cui parteciparono volontari da tutta Italia: qui mi limito a citare il partecipante diventato più noto, Francesco Petretti, allora appena quindicenne, ma gran lavoratore, smentendo con i fatti la convinzione – non solo romagnola, credo...- che i romani siano degli sfaticati... (per non dire peggio...).
Al lavoro manuale aggiungevo quello della documentazione fotografica e del disegno, che servivano ad abbellire le prime pubblicazioni a stampa e diverse mostre, che esponevamo dove richiesto, ma soprattutto al Festival de l'Unità, per la grande partecipazione di visitatori e la simpatia suscitata dell'immagine del Panda.
Ovviamente anche i periodi di vacanza estiva venivano trascorsi nei parchi naturali e nelle riserve di tutta Italia, con un certo disagio da parte dei figli, Lorenzo e Veronica, che stentavano a capire i comportamenti di un padre così strano, diverso dagli altri, che dedicava loro poco del tempo disponibile (cosa di cui mi rammarico e dispiaccio...ma forse un po' tardivamente...).
La mia attività di segretario responsabile della sezione, unita alle conoscenze non solo degli ambienti naturali ma anche di quelli di lavoro nell'area industriale, mi permise di presentare una sessantina di esposti-denuncia alla Magistratura su svariati argomenti. I casi più significativi e noti riguardarono la sospensione della caccia a Valle Mandriole (1977) e la battaglia per la salvaguardia dalla cementificazione della zona di Foce Bevano ('caso Ortazzo' e Ortazzino, 1975), divenuta famosa a livello nazionale. Ma non mancarono molti esposti-denuncia contro casi di caccia e pesca abusiva, di inquinamento di fiumi e mare, fino alla pesante e motivata critica della gestione delle Foreste Casentinesi, che mi costò una denuncia per calunnia da parte dell'Amministratore, professor Michele Padula.
Ricordando questa intensa attività Fulco Pratesi, presidente del WWF, mi propose di scrivere un libro, che avrebbe potuto intitolarsi: Panda e pandette, per sottolineare la grande importanza delle azioni giudiziarie nel campo della tutela ambientale, anche quando non coronate da successo, come purtroppo spesso avviene.
La vicinanza con il mare Adriatico rese quasi inevitabile un mio crescente interesse per la malacologia marina, mentre proseguivano lo studio e la raccolta di esemplari di quella terrestre e dulciacquicola tipica degli ambienti naturali ravennati. Ma per approfondire la conoscenza di queste specie malacologiche bisognava conoscere meglio quelle simili e magari presenti solo altrove, in Italia e nella regione paleartica. Fu così che con decenni di scambi con collezionisti, ricercatori ed esperti nazionali ed internazionali giunsi alla formazione della raccolta malacologica, che poi sono stato lieto di cedere al Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara,
dove viene opportunamente conservata.
L’opportunità di conoscere altre forme vitali del mondo naturale di pinete e zone umide locali – e talora italiane e straniere (Europa, Tunisia, Turchia), specialmente approfittando delle vacanze estive – mi ha portato ad interessarmi anche di funghi, felci e fauna minore (odonati), sia pure in maniera meno approfondita.
Fin dai primi anni ‘70 ho cominciato a realizzare per l’associazione WWF, per la quale ho soprattutto collaborato per un quarto di secolo alla gestione operativa di Punte Alberete, Valle Mandriole e Bassa del Bardello, una serie di prodotti editoriali, assieme ad amici e collaboratori. Materiali volti alla conoscenza ed alla valorizzazione del territorio, con alcune decine di pubblicazioni, di cui mi piace ricordare la collana degli IBIS (Inventari della Biodiversità Specifica, con otto lavori in collaborazione con Nicola Merloni e Daniele Saiani, dedicata alla flora spontanea non solo nei principali ambienti naturali ravennati, ma anche alle flore urbane di Ravenna, Cervia e, proprio quest’anno, Forlì, collaborando con numerosi amici forlivesi (Eugenia Bugni, Giorgio Faggi, Sergio Montanari, Daniele Saiani, Fabio Semprini e Maurizio Sirotti).
Dal 1988 ho partecipato attivamente come vicepresidente operativo alle varie iniziative della neonata Cooperativa Culturale L'ARCA, che raccoglieva molti amici ed esperti, in buona parte provenienti dalla sezione World Wildlife Fund di Ravenna, come Paolo Bezzi (presidente), Daniele Camprini, Grazia Beggio, Gianfranco Bustacchini, Umberto Cannellini, Gianfranco Casadei, Luigi Emiliani, Felice Foschini, Stefania Maioli, Delio Mancini, Nicola Merloni, Arianna Molduzzi, Paride Montanari, Roberto Montanari, Lara Maistrello, Giovanni Nardi, Giancarlo Plazzi, Angelino Tramonti. La forma cooperativa consentiva una maggiore facilità nelle operazioni finanziarie, perché era più semplice stringere convenzioni con il Comune di Ravenna prima e con il Parco del Delta Po in seguito. Oltre a partecipare alle faticose attività manuali sul campo (soprattutto a Punte Alberete ed a Valle Mandriole) questi volontari hanno contribuito ad approfondire le conoscenze tecnico-scientifiche del mondo naturale in cui si operava, anche giungendo alla redazione di appositi studi, spesso pubblicati direttamente dalla Cooperativa.
Dal 1998 la Cooperativa ha dovuto adeguarsi alle normative regionali sul volontariato, cambiando statuto e denominazione in Associazione di Volontariato L'ARCA., ma continuando ad occuparsi della gestione delle Oasi palustri, tramite nuove convenzioni con il Comune di Ravenna ed il Parco del Delta. Tra i soci dell'Associazione di Volontariato mi piace ricordare: Beatrice Ballanti, Giorgio Benelli, Carmen Blè, Gaetano Cobianchi, Massimiliano Costa, Giacinto De Renzi, Mario Dracini, Daniela Giachè, Monica Marcucci, Massimiliano Masci, Danio Miserocchi, Roberto Papetti, Rocco Penazzi, Marco Paci, Marco Pagani, Roberta Ricci, Silvano Ricci, Marco Rossini, Daniele Saiani, Maria Scarpone, Giorgio Turchetti, Filippo Zanni.
Colgo l'occasione di questa sintetica nota autobiografica per ringraziare di cuore tutti gli amici soprariportati, che hanno contributo alla valorizzazione delle Punte in particolare e degli ambienti naturali ravennati in generale. Si deve al loro impegno volontario se questi ambienti hanno potuto godere per alcuni decenni di una sorta di età dell'oro, coronata da successi faunistici e di visite di naturofili.
Come per il WWF molti degli amici sopracitati hanno partecipato alla redazione e diffusione di numerose dispense che in quegli anni ho pubblicato come curatore di Corsi di biologia ed ecologia (a livello citizen science), in collaborazione con l'Ordine della Casa Matha, l'Università Popolare di Lugo, il Parco del Delta del Po, il Museo NatuRa di Sant'Alberto, la Provincia ed il Comune di Ravenna e altre associazioni del settore.
Devo ricordare che ho sempre cercato di tenere contatti di collaborazione con le associazioni protezionistiche, a cominciare da Pro Natura, già con Eros Stinchi, poi con la LIPU, arch. Aida Morelli, con Legambiente, con Giacinto De Renzi dapprima, e Claudio Mattarozzi ora, con Italia Nostra, Francesca Santarella; associazioni di cui, dai tempi della istituzione del Parco i noti dirigenti di allora, come quelli di adesso, hanno sempre voluto a denominazione e dignità nazionale.
Altre collaborazioni molto importanti sono state quella con l'Ordine della Casa Matha, che ha anche finanziato diversi dei miei primi lavori a stampa, per interessamento del Primo Massaro, Paolo Bezzi e quella con l'Associazione Culturale Civiltà delle Erbe Palustri, di Villanova di Bagnacavallo, tramite interventi e pubblicazioni sul periodico Long e' fion, con la infaticabile Maria Rosa Bagnari, con la quale da alcuni anni sto collaborando alle iniziative svolte all'Ecomuseo delle erbe palustri ed alla riuscita del 'contratto di fiume', nell'ambito del progetto Terre del Lamone. Nel tempo ho anche sviluppato il mio interesse per il dialetto romagnolo, che mi aveva fatto apprezzare già mia madre in tempi poco inclini alla lingua locale, poi mia moglie, benché padovana di nascita; interesse che si è concretizzato soprattutto con la edizione di tre dizionari, Dizionario Botanico Romagnolo, 1996 e 1998, Dizionario Ornitologico Romagnolo, 2005, e Dizionario Etimologico Romagnolo, 2020, da un’idea iniziale di Maria Rosa, tutti mirabilmente illustrati dal socio attivo
WWF, poi de L'ARC, Nerio Poli, purtroppo scomparso quest'anno.
Ovviamente ho collaborato con l'Amministrazione Provinciale di Ravenna, anche come Guardia Giurata volontaria ittico-venatoria, e con l'Amministrazione Comunale di Ravenna, in particolare per decenni con la dottoressa Angela Vistoli ed il ragioniere Lamberto Corbara, del Servizio Ambiente, per il coordinamento degli studi e dei lavori nelle Oasi palustri, terreni come noto in buona parte di proprietà comunale.
Ma dopo il 2000 circa hanno cominciato a manifestarsi indizi di un mutamento ambientale sempre più evidente, veloce e quantificabile come cambiamento climatico (con diminuzione delle precipitazioni estive e concomitante aumento delle temperature), con proliferazione di specie aliene invasive (nutria sudamericana, gambero della Louisiana, siluro d'Europa, lucioperca, ecc.), ed incremento di salinità e torbidità delle acque, anche connesso alla subsidenza antropica, indotta dallo sviluppo del polo chimico industriale ravennate., ecc.
Non a caso quindi una parte delle ricerche e delle diverse pubblicazioni tecniche più recenti (Progetto BiodiverCity) l’ho destinata allo studio dell’evoluzione ecologica delle zone umide, per i succitati problemi ambientali cui sono andati incontro negli ultimi decenni, e culminati (si spera come caso unico ed irripetibile..) con la drammatica moria di migliaia di alzavole a Valle Mandriole, verificatasi a fine estate 2019.
Va anche ricordato che ho fatto parte come consulente del Comitato Tecnico Scientifico (CTS) del Parco del Delta del Po, Emilia Romagna, per tutta la sua durata, collaborando attivamente con la direzione ed i funzionari del Parco stesso (arch. Lucilla Previati, dott. Gianni Cavallini, dott. Elena Cavalieri, dott. Ruggero Spadoni, ing. Maira Cavallari, ecc.) e con i membri del CTS, in particolare i professori Marco Bondesan, Giovanni Gabbianelli, Filippo Piccoli, Remigio Rossi.
Sempre nell'ambito delle attività connesse all’ottimale gestione dei biotopi naturali ravennati sono stato di supporto alla stesura di progetti di tesi magistrali e di dottorato presso l’Università di Bologna (corso di studio di Scienze Ambientali; Analisi e Gestione dell’Ambiente; Biologia Marina), collaborando con i professori Giovanni Gabbianelli, Andrea Pasteris, Elena Fabbri, Rossella Pistocchi, Marco Abbiati e Laura Airoldi e i vari studenti che nel corso degli ultimi 20 anni hanno concentrato i loro studi e ricerche sulle zone umide di
Ravenna. I rapporti più stretti sono stati tenuti con il CIRSA (Giovanni Gabbianelli, Beatrice Giambastiani, Nicolas Greggio, Mario Laghi, Andrea Minchio, Francesco Stecchi).
Nel 2013 per limiti di età ho deciso di non rinnovare la convenzione per collaborazione alla gestione delle oasi palustri in atto da un decennio con il Parco del Delta del Po, proponendo il passaggio dall'AdV L'ARCA agli amici di Legambiente, Giacinto de Renzi in primis, con i quali avevamo già stabilito da anni una proficua collaborazione sul piano delle attività manuali, della registrazione dei livelli idrici, della sorveglianza e vigilanza ittico-venatoria, degli accompagnamenti di visite guidate, studenti ed esperti, nonché pulizia e manutenzione dei percorsi di visita, della rete e dei manufatti di regolazione idrica, dei capanni di osservazione ornitologica, di deposito materiali ed attrezzature, e della Casa demaniale sul Fossatone, nella antistante pineta San Vitale.
Purtroppo il Comune ha rifiutato la nostra proposta, rivendicando in toto la gestione operativa delle oasi palustri, ma io ho continuato la registrazione dei livelli e l'esecuzione di analisi chimico-fisiche, intese a valutare il peggioramento ambientale già iniziato ad evidenziarsi circa a partire dal 2000. Peggioramento progressivo che non era sfuggito a molti frequentatori degli ambienti naturali ravennati, e che era stato poi segnalato da autorevoli esponenti del mondo universitario, scientifico ed associativo bolognese in un apposito convegno (Le Oasi palustri ravennati, un paesaggio instabile e minacciato, Ravenna 23 novembre 2018). L'allarme dei numerosi ed autorevoli relatorio fu quindi espresso sotto forma di Appello pubblico, proposto dai professori Paolo Pupillo ( UniBO, Unione Bolognese Naturalisti, Pro Natura Italica) e Mario Spagnesi (INFS, UBN, Ekoclub), e sottoscritto da autorevoli esponenti del mondo scientifico ed associativo (vedi Atti del Convegno, pubblicati nel 2020 a cura del Comune di Ravenna).
Ma l'episodio drammatico della morìa di alcune migliaia di alzavole a Valle Mandriole nell'estate-autunno del 2018 riportò in prima pagina il tema della qualità ambientale delle oasi palustri, che io arricchii di dati e testimonianze, pubblicando risultati di anni di mie ricerche e segnalazioni agli Enti responsabili, sotto il titolo: Acqua alle valli: un problema irrisolto, e con l'indicativo sottotitolo: Cronaca di un disastro ambientale annunciato (inviato per conoscenza e competenza anche alla Magistratura inquirente).
Il tempo libero da me guadagnato con lo scadere della convenzione operativa non fu comunque perso, coinvolgendo amici, fotografi, e le altre Associazioni interessate nella pubblicazione e distribuzione di mini-atlanti fotografici della biodiversità: Conchigliando, NatuRavenna, 2018, e NatuRomagna, 2020; nel mio impegno di divulgatore naturalistico ho sempre privilegiato le iniziative che coinvolgevano altre associazioni protezionistche e culturali, curando attentamente anche l'aspetto grafico dei materiali prodotti con il
determinante contributo di Delio Mancini. Inevitabilmente, per decenni ho seguito le vicende climatiche del nostro territorio, fattori determinanti della gestione degli ambienti naturali ed in particolare delle zone umide, invitando tutti a rispondere alla domanda: Clima a Ravenna. Cosa ne sappiamo ?, pubblicato nel 2019, dopo il tornado che ha abbattuto migliaia di alberi nella secolare pineta di Cervia.
Per concludere, posso affermare che, ormai ad 81 anni appena compiuti, vivo ancora a tempo pieno lo spirito che indusse mia madre a farmi incontrare Pietro Zangheri, maestro di vita e, sicuramente, della mia vita.
Giorgio Lazzari, Ravenna, 7 gennaio 2021