MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE
Ferrara - Italy

Sommario delle sezioni presenti in questa pagina:



Salta il menù principale e vai al menù delle sezioni in evidenza

Salta i contenuti e vai al login

Contenuti

sei in: index > Sezioni > Autobiografie naturalistiche > Patrizia Anconetani
Patrizia Anconetani
Già presidente dell'Associazione Didò - Didattica, Comunicazione, Ricerca
N.d.R.: l'Associazione Didò cura le attività didattiche basate sul percorso espositivo del Museo.

Patrizia Anconetani a 28 anniNaturalista… Vorrei poter scrivere di essere stata illuminata sin dalla più tenera età dalla fiamma della ricerca scientifica, di aver perso la cognizione del tempo guardando il misterioso mondo dei viventi nel giardino della mia casa. Ma non è così. Certo la natura nella mia vita e nella mia famiglia non è mai mancata. Mio padre Alberto era un membro fedele del CAI Jesi e ci portava in montagna a camminare e fare picnic ogni volta che poteva. Mia madre maestra spiegava a me, mia sorella e mio fratello, fenomeni e accadimenti con la fermezza di un'insegnante alimentando la nostra curiosità con magiche storie.

Però devo dire che sin da piccola ho coltivato la passione per organizzare, creare progetti, coinvolgere le persone... Una mini motivatrice insomma, in un’epoca in cui forse la parola neppure esisteva. Dalle medie ero sempre con la testa per aria, in tutti i sensi. Guardavo il cielo e chiedevo a Babbo Natale libri sulle stelle e sui pianeti, divoravo serie televisive su basi lunari e ricerche nello spazio. In seconda media ho creato la prima organizzazione strutturata, Base Alpha - Spazio 1999. Io ero la dottoressa Helene Russel, indossavo un improbabile vestitino argentato trovato chissà dove; avevamo una sede prestigiosa (la cantina di casa mia), diversi amici ed amiche con cui recitare parti dai film e ideare nuovi episodi che disegnavamo in forma di fumetti. Scrivevo storie di fantasia, riempivo pagine di quaderni di invasioni aliene un po' romantiche, avventure archeologiche di mondi ritrovati, misteri ai limiti della realtà.


Patriza e Corinne Crovetto, sito archeologico di Isernia La PinetaPoi la svolta. Liceo scientifico, anni 80. La rivolta giovanile nelle Marche era ancora in pieno fervore, almeno ci piaceva pensarlo. Si studiava, in un contesto meno competitivo di quello di oggi, chi era bravo dava una mano, chi faceva fatica veniva aiutato, o almeno questo è il mio ricordo. Comunque all’inizio della seconda Liceo arriva un professore nuovo: barbone e addome prominente, camicia a scacchi fissa, insomma…un boscaiolo canadese con la predilezione per il cibo. Era fuori dai canoni, ricordo il cognome: “Casagrande”. Ogni lezione era uno spettacolo, un film di cui non si intuiva la fine e a cui partecipare da protagonista. Sapeva dare colore e vita ad ogni argomento di cui parlasse. La fotosintesi non era più una serie di formule e qualche disegno sul libro, era la storia delle storie, il mistero svelato della vita. Il colore di cui è vestito il mondo naturale era la mappa per andare a leggere mille racconti, nascondersi per cacciare o per salvarsi, per farsi riconoscere da un possibile partner o per incutere timore.

Sono la prova vivente di quanto un docente possa incidere nel percorso di crescita, lui viaggiava con noi, mai una volta ha usato termini svalutativi, “nel cammino si cade e ci si rialza”, diceva, “sbagliano tutti, noi insegnanti per primi”. Nessun piedistallo, solo tanta umanità. Non lo sapevo ancora ma era l’insegnante ed il divulgatore che avevo scelto di diventare..o almeno provare a farlo.

Finito il liceo avevo deciso che le scienze sarebbero stata la mia strada ma rimanevo confusa e piena di idee e passioni. Facevo teatro, ero volontaria di Croce Rossa e iniziavo a partecipare ai primi scavi, quindi…medicina? Accademia d’arte drammatica? Scienze Naturali?

Ok, scienze naturali - Ma la preistoria era la mia passione, partecipavo ormai agli scavi con l’università di Ferrara (Riparo Tagliente, Monte Poggiolo) e di Milano (Isernia La Pineta). Dovevo trovare la strada per conciliare le due passioni, qualcosa che mettesse assieme tutto.

Fabio, Francesca, MartinoHo studiato Scienze Naturali vicino casa, a Camerino. Non riesco ad immaginare un luogo più naturale di quello. Eravamo pochissimi nel mio anno ed avevamo insegnanti molto bravi. I laboratori erano intensivi, ognuno con il suo microscopio o in piccoli gruppi alla scoperta del territorio, l’erbario lo facevi a cinquanta metri dal collegio universitario e ci conoscevamo tutti..ma davvero tutti. Sono stati anni bellissimi, di scoperta, passione, proiezione di futuro.
La mia tesi sperimentale con l’Università di Firenze è stata sullo studio paleontologico di resti fossili di vertebrati, in particolare ippopotamo, in un giacimento (Collecurti a Serravalle del Chienti) fatto di sequenze sedimentarie di origine fluvio-lacustre, databile al Galeriano, (Pleistocene).

A quel punto la scelta era fatta, animali si...ma del passato...e il loro ruolo nei giacimenti preistorici come chiavi di lettura delle relazioni uomo-ambiente. Questo diventerà parte del titolo della mia tesi di Dottorato. Dopo la laurea, continuando a scavare, ho ripreso i contatti con il gruppo di preistoria dell’Università di Ferrara.

Un nuovo capitolo della mia vita si apriva.
Ricordo il primo arrivo a Ferrara, era sera, il castello imponente nella luce giallastra dei lampioni, il bar liberty e Savonarola. Se si può parlare di colpi di fulmine anche per gli oggetti…io l’ho preso in pieno. Mi veniva data la possibilità di andare in Francia a studiare la preistoria con alcuni nomi che mi facevano venire la pelle d’oca…DEA diploma di studi approfonditi in geologia e paleontologia del quaternario, paleontologia umana e preistoria presso il Museum National d’Histoire Naturelle, Institute de Paleontologie Humaine a Parigi.

Patrizia Anconetani e Corinne Crovetto, deserto della GiordaniaUn anno di lezioni incredibili, affrontare la preistoria da tutte le possibili angolazioni, dalle datazioni radiometriche ai diagrammi pollinici, l’analisi dei resti umani e i laboratori sulla frenologia di Gall, l’antropologia culturale e l’archeozoologia…in francese (che non avevo mai studiato), scavi in diverse parti della Francia, tecniche di scavo e studio dei reperti. Durante le pause andavo al Jardin des Plants , giravo i lunghi viali e mi lasciavo trasportare dalle storie raccontate dai cristalli del museo di mineralogia, i maestosi scheletri ricostruiti al museo di paleontologia, gli ambienti ricreati dell’orto botanico e la Grand galerie de l’evolution allora in fase di allestimento. La mia tesi per il diploma era sullo studio archeozoologico del giacimento paleolitico di Isernia La Pineta. Per portare avanti gli studi lavoravo al Musee de l’Homme, dalla finestra del mio banchetto tra ossa intere e frammentate, calibro ed un computer che a pensarci ora era fossile tra i fossili, vedevo la Tour Eiffel.

Tra scavi ad Isernia e studio dei reperti ho vinto la borsa di studio per il Dottorato di Ricerca in Antropologia, curriculum paleontologia Umana ed ho iniziato a lavorare a Ferrara all’allora Dipartimento di Scienze della Terra a Palazzo Turchi da Bagno. Dal mio ufficio condiviso avevo un nuovo punto panorama: il Palazzo dei Diamanti. Anni di studio, scavi, pubblicazioni e ancora scavi, convegni, formazione. Mi piaceva la parte in cui ero io a fare lezione agli studenti. Mi piaceva riuscire ad interessarli e per farlo usavo tutti gli strumenti che avevo, portavo materiale, preparavo lucidi, organizzavo laboratori.

Studiando più siti, anche uno in Francia ed uno in Spagna, mi ero resa conto di due cose:
1 – l’archeozoologia fatta della descrizione di singoli reperti per quanto interessanti e significativi, non era sufficiente, nel senso che restava episodica e non forniva una visione d’insieme del problema, era come un bel libro fotografico a cui mancavano la storia e la trama.
2 – interpretare il passato dai soli reperti non era possibile, c’era bisogno di sperimentare per ottenere un campione di repliche che desse dati il più possibile vicini alla realtà.
In poche parole..un reperto osseo racconta molto se sono capace di leggerlo. Il suo stato di integrità, le tracce di taglio, di bruciatura o di rosicatura da parte degli animali mi fanno capire che viene da un animale che è stato esposto alle intemperie, macellato per poter essere mangiato, esposto al calore e quindi cotto o semplicemente rosicchiato nella tana da un lupo. Il resto della storia si costruisce con i numeri, quanti animali presenti (scelta di una preda specifica per la caccia?) quali parti? (scelta di macellazioni specifiche), quante bruciature e dove? (uno spiedo?). Numeri, percentuali, distribuzioni.E se replicassi oggi, su materiale animale fresco, quelle azioni che credo di aver trovato? Ecco che iniziava il mio percorso nell’archeozoologia sperimentale.

Le mie ricerche, nel dottorato e successivo post dottorato, hanno portato alla messa a punto di un sistema di classificazione (CSAS Classification System for the Archaeozoological Study) a lessici integrabili che consentiva di aggiornare i dati mantenendo aperti più fronti della ricerca (alterazioni ambientali, prodotte da umani ed animali, manifestazioni sacrali) in più siti e con immediata rappresentazione grafica degli esiti e di un secondo blocco sperimentale strutturato e testato in campagne finanziate da borse di studio CNR in Germania, Francia e Spagna.

Quindi... Quando si intreccia la mia storia personale con quella del Museo di Storia Naturale di Ferrara?

Nulla avviene per caso e a volte la vita ti mette di fronte ad eventi che ti sembra impossibile anche solo pensare. Cinque ottobre 1993, il mio gruppo di lavoro, Corinne Crovetto, Martino Ferrari e Fabio Vianello, durante una prospezione aerea sul sito di Isernia La pineta dopo un’alluvione che aveva interessato lo scavo, perdono la vita in un incidente aereo (N.d.R.). Tutto cambia all’improvviso, diventa difficile, la strada intrapresa non è più percorribile. Si chiude un capitolo della mia vita nel modo più doloroso.

Convegno 1992: Patrizia e Corinne a sinistra e a destra, Fabio in blu a sinistra, di fronte: Martino.
In primo piano: Patrizia Anconetani e Corinne Crovetto; accanto a Corinne, Martino Ferrari; di fronte a Martino, in blu, Fabio Vianello.

Si ricomincia. Si stava creando un gruppo di studiosi per partecipare ad un bando per la gestione delle attività didattiche e divulgative rivolte alle scuole presso il Museo di Storia Naturale di Ferrara, tra le professionalità mancava un’ antropologa, mi sono proposta. Ricordo i miei primi giorni al museo, ero di nuovo in un posto speciale, nelle sale del museo ogni oggetto aveva una storia da raccontare ed io volevo essere la persona che lo faceva. Sono stati giorni intensi, tutto da creare, mettere assieme le idee, inventare percorsi e linguaggi adeguati ad utenti diversi, entrare nel mondo della scuola con i suoi tempi, modi e creare percorsi che facessero appassionare bambini e giovani alle scienze, alla natura, al passato ed al presente, sviluppare la consapevolezza di quanto fosse importante preservare la natura ed il patrimonio ambientale.

Il museo era ed è rimasto un luogo accogliente, pieno di persone interessanti con le quali confrontarsi e dalle quali imparare. Ci siamo dati un nome evocativo “Didò, didattica, comunicazione, ricerca”. Non era sufficiente portare le classi in visita, dovevamo trovare qualcosa che ci distinguesse dalle altre associazioni, i docenti che venivano al museo dovevano sapere che quel pezzettino di attività non era svincolato dal percorso scolastico ma poteva farne parte e lasciare qualcosa. Quindi abbiamo lavorato su più fronti:

- la formazione. Noi per primi ci formavamo costantemente partecipando a convegni anche internazionali e presentando il nostro lavoro, incontravamo i docenti per condividere con loro le scelte metodologiche e rendere i percorsi “utili ed efficaci”, farci consigliare e fornire materiali affinchè il lavoro potesse continuare aldilà della visita o del laboratorio. I nuovi operatori che entravano nell’associazione venivano formati attraverso un corso strutturato alle modalità didattiche scelte ed alle schede di lavoro.
- La fruizione integrata delle risorse museali ed ambientali del territorio - se i percorsi si inserivano nei “programmi o successivamente curricoli” delle scuole che venivano (infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado) potevamo creare una “rete dei musei” a fini divulgativi, coinvolgendo in alcuni progetti anche i musei universitari. Il nostro entusiasmo era contagioso, abbiamo trovato ovunque persone interessate alla diffusione del patrimonio museale e disponibili al confronto.
- La ricerca didattica – Non sono mai stati solo “percorsi”, ci si confrontava per ore in un costante brain storming su come avvicinare gli studenti al piacere della scoperta, inventando giochi sensoriali (magic box a tema), mimici (il mimanimale), di scoperta (le cacce al tesoro) per i più piccoli e laboratori con strumentazione per i più grandi sui temi più diversi, dalla preistoria all’ecologia, dalla geologia alla botanica, fino alla geotermia ed al passato letto attraverso i fossili. Si lavorava nelle sale del museo e in esterno attraverso i laboratori di ecologia al parco urbano, le simulazioni di scavo archeologico e la caccia alle ammoniti nel centro città.

Alcuni percorsi si completavano nelle scuole dove si arrivava a produrre opere originali, plastici di ambienti, con uso creativo del riciclo, poster tematici. In alcuni casi attraverso l’autodrammaturgia si arrivava a costruire storie ambientate nella preistoria, disegnate, con riproduzione di oggetti e messa in scena. Ogni attività aveva una scheda didattica di supporto, ogni visitatore compilava la sua scheda e partecipava in prima persona. Grazie all’abilità tecnica del nostro grafico, Michele, e con la collaborazione del Museo in prima persona e della stamperia comunale, abbiamo raccolto le schede via via prodotte in volumi consultabili. Vorrei poter fare i nomi di tutti coloro che hanno passato notti intere a decidere impaginazioni ed immagini da inserire, la correzione delle bozze e l’orgoglio di fronte al prodotto finito che raccontava la mole di lavoro.

Le numerose professionalità impegnate nella realizzazione. Isa che con una tesi sui micromammiferi ed una pari abilità gestionale ha curato come tesoriere la parte più faticosa della gestione, Lucia la geologa capace di adeguare il linguaggio tecnico ad ogni fascia di utenza, Chiara con il suo amore sconfinato per la natura e la capacità di coinvolgere, Fabio alto e curioso, con una cesta di riccioli in testa e altrettante idee brillanti per raccontare la natura, Carola e la passione per le tartarughe, Lisa e il suo mondo botanico, che riusciva a farti amare persino i muschi e i licheni..insomma, un mondo bello.

Mi piace pensare che qualcuno di quei bambini, ora ragazzi, abbia tenuto dentro di se e fatto crescere, quella curiosità, magari abbia scelto di coltivare la passione orientando il proprio percorso di studi, tornando in museo anche da solo negli anni a venire per ritrovare la magia di oggetti raccontati e da raccontare.

Per quello che mi riguarda… Ora vivo in un’altra città e faccio l’insegnante, continuo a raccontare, fare formazione, scrivere progetti, realizzarli. Ma quando torno a Ferrara il Museo è il posto in cui vado, trovo la stessa confortevole accoglienza, il sorriso, la voglia di condividere e mi sento a casa.

Patrizia Anconetani, luglio 2020
 

Login


 
 
 
codice XHTML 1.0 valido!codice XHTML 1.0 valido! icona livello di conformità AA, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 - livello di conformità AA, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0