La collezione di Coleotteri

Nel momento in cui mi accingo a trasferire al Museo di Ferrara la mia collezione di Coleotteri, voglio lasciare qualche pensiero sul significato che essa ha avuto ed ha per me, e su quale utilità potrà avere per altri.
Non è retorico dire che in essa è depositata una parte consistente della mia vita, ed ora dei miei ricordi: i più lontani sono della mia età di bambino, quando trascorrevo l'estate nella casa di Marina di Ravenna, e frequentavo la pineta litoranea, la spiaggia e le dune retrostanti, osservando e raccogliendo i primi coleotteri; quelli, preparati in modo primitivo, sono andati perduti, perché sostituiti nella seconda metà degli anni '50 da preparazioni più ortodosse.
Allora il mondo era percorso da una infinità di insetti ed altri animali: in quelle dune, che si stendevano ancora davanti alle poche case di Marina, lasciavano numerose impronte gli Erodius, gli Atheuchetus, i Phyllognatus; alla sera il volo delle Anoxia e dei Polyphylla animava, con le molte falene e le acrobazie dei pipistrelli, lo spazio attorno ai lampioni stradali.
Lì, preso dai miei stessi interessi, conobbi Ettore Contarini che veniva al mare assieme alla famiglia Melandri, suoi vicini di casa a Bagnacavallo, ed a cui mi lega pertanto una amicizia lunga settanta anni.
Da ragazzino così preso di amore per la natura, grazie alla guida di un amico di famiglia, il guardiacaccia provinciale Ubaldo Baldini, fui accompagnato nelle pinete, paludi e lagune del ravennate, ed è così che li ho visti ancora quasi intatti; sempre serberò verso Ubaldo profonda gratitudine.
C'era poi il problema delle scatole entomologiche, rilevante per un ragazzino con pochi soldi. Acquistai il primo gruppo dalla ditta Gruppioni di Bologna, da cui mi approvvigionai anche di spilli e cartellini; poi, nel 1961-62, con l'aiuto di mio padre, violinista ma versato in ogni lavoro, costruii alcune decine di scatole standard, che appaiono tuttora perfette; in anni più recenti gli acquisti delle numerose scatole in legno "ramino" costruite dal bravo artigiano e collezionista Bruno Costella di Vittorio Veneto.
Con il periodo del Liceo, agli inizi degli anni '60, la passione e la raccolta si intensificarono, ed iniziarono, grazie anche alla disponibilità del mio papà ad accompagnarmi, le escursioni in Appennino.
In alcune, specialmente quelle a Campigna e nelle Foreste Casentinesi, mi fu guida e maestro il caro Domenico Malmerendi, che mi rintracciò grazie alla mia iscrizione alla Società Entomologica Italiana; le visite a Faenza alla sua collezione, ora depositata nel Museo Civico di quella città a lui intitolato, mi caricavano di entusiasmo.
Per la stessa via mi contattò, ed incontrai in quegli anni, Omero Castellani, specialista di Ditteri Asilidi e fondatore dell'Associazione Romana di Entomologia, cui da allora sono iscritto: l'occasione venne dal fatto che Castellani, pittore oltre che scrittore di "romanzi sintetici" (mi omaggiò di alcune copie, che però non riesco a ritrovare), veniva d'estate a Marina di Ravenna e partecipava alla annuale gara di pittura estemporanea.

Fu anche abituale per diversi anni che io, mia madre, e mia nonna, trascorressimo alcune settimane estive in zone alpine, soprattutto in Val di Fassa (mio padre ci accompagnava, poi tornava a lavorare a Ravenna): da quelle valli provengono molti esemplari raccolti sulle infiorescenze delle grandi ombrellifere che ospitavano una stupefacente ricchezza biologica.
Le 'cacce' di quegli anni le condussi in compagnia di un grande amico, Giampaolo Stella, il cui nome compare assieme al mio in "coll. L. Senni, GP. Stella" di molti cartellini. Partivamo in bicicletta dalla mia casa di Via Baccarini in Ravenna per raggiungere, chissà perché sempre contro vento, la Pineta di Classe, o di S. Vitale, la palude di Punte Alberete, le piallasse, o le spiagge, allora solitarie, di foce dei Fiumi Uniti (ora lido di Dante), o di Punta Marina, dove trovavamo spiaggiati, non i rifiuti di plastica, ma molti organismi, o i loro piccolissimi gusci, che a casa separavamo dal detrito, rapiti di ammirazione.
Altra amicizia di quel tempo, che perdura tuttora, fu quella di Franco Callegari, che stava raccogliendo una importante collezione, ora donata al Museo di Storia Naturale di Venezia: era di poco più giovane di me ma, grazie alle possibilità offerte dalla sua famiglia di imprenditori ravennati di origine veneta, era già in collegamento con importanti studiosi , e mi fu guida nelle tecniche di raccolta e preparazione.
Fu lui a trovare il Carabus clathratus antonellii in ibernazione sotto le cortecce dei pini morti della pineta di S. Vitale, al bordo con le paludi di Punte Alberete e Valle Mandriole; in seguito io e Stella li raccogliemmo nella palude sotto i covoni delle canne tagliate dai vallaroli, ed anche quando, da poco costruita la Via Romea Nord, questo grosso carabo migrava attraverso la strada per raggiungere i luoghi di svernamento in pineta.
Accadeva così che li catturassimo sul ciglio della strada prima che finissero schiacciati dai veicoli che, ben meno numerosi di oggi, vi transitavano; a volte li trovavamo intenti a cibarsi dei cadaveri delle bisce uccise dal traffico; è una testimonianza che Contarini ha voluto inserire in un suo recente volume di memorie entomologiche.
Questa sottospecie, nota un tempo delle scomparse paludi pontine, fu successivamente segnalata, ed anche da me raccolta, del Padule di Fucecchio e delle 'marcite' milanesi presso Linate: attualmente essa sembra scomparsa o fortemente rarefatta in quei luoghi, così come appare non più rinvenibile, nonostante recenti sforzi, anche nella palude e pineta ravennati.
Tantissime le 'uscite' insieme a Callegari ed amici come Raffaele Bocchini, Walter Pagliacci, ed altri ancora.
In quel tempo presi contatto e feci visita al Maestro di tutti noi, Pietro Zangheri, nella sua casa di Forlì, che ospitava la sua vasta collezione ed anche il grande plastico della Romagna, attualmente depositato a S. Sofia, presso la sede della Comunità del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna (del cui Consiglio sarei stato membro negli anni 1998-2004): forte l'emozione ed il ricordo di quell'incontro; gli consegnai alcuni esemplari del C. clathratus, che lui non conosceva, e ricevetti in dono un carabide trechino, Aphaenops cerberus dei Pirenei.

Una visita importante fu anche quella ad Aldo Chiesa, studioso di Idrofilidi europei (avevo acquistato la sua opera " Hydrophilidae Europae"), nella sua casa di Via Maggiore a Bologna: sono di Chiesa molte delle determinazioni dei miei Idrofilidi, ad eccezione del gruppo Cercyon, nel quale non si cimentava; molte determinazioni successive, Cercyon comprese, le devo al gentilissimo Saverio Rocchi.
Chiesa mi parlò di Fernando Pederzani, specialista di Ditiscidi mondiali, che da neolaureato ingegnere chimico era venuto a lavorare allo stabilimento ANIC di Ravenna; lo cercai al telefono in ufficio e lui venne a trovarmi a casa. Ne è nata una amicizia e stima che durano tuttora, e frequenti furono le 'pescate' col retino 'da acquatici' condotte nelle raccolte di acque dolci interne alle pinete e valli, ed anche in Toscana. Un ricordo che 'Nando' evoca di frequente è quello della "buca degli Acilius", uno stagno interno alla pineta di S. Vitale dove avevo scoperto una popolazione di Acilius sulcatus, poi scomparsa.
Come non ricordare l'acquisto, finanziato da mia nonna e direttamente dall'autore Antonio Porta, dei cinque volumi e tre supplementi del "Fauna Coleopterorum Italica", ed il dono di un amico di famiglia, certo Figini (ne ho purtroppo dimenticato il nome), da cui ricevetti, unitamente ad altre opere ormai introvabili, i quattro volumi di Ruggero Verity "Le Farfalle Diurne d'Italia".
Altra importante amicizia di quegli anni fu quella con Gianfranco Sama che veniva da Cesena con la sua Lambretta, con cui poi insieme raggiungevamo le pinete ravennati.
Negli anni dell'università, nei corsi di biologia e scienze naturali, si andò formando un sodalizio di studenti 'ecologisti' che si costituirono in un 'gruppo per la conservazione degli ecosistemi naturali' e di cui facevano parte Paolo Boldreghini, prematuramente scomparso, Federico Montanari, Carlo Ferrari, Gianluigi Mazzufferi, Giancarlo Plazzi, Massimo Pandolfi, io, ed altri successivamente: esso in particolare promosse, anche con l'aiuto di grandi figure dell'Ateneo, come lo stesso Alessandro Ghigi (figura indimenticabile, anche nella solennità del suo aspetto), la conservazione degli ambienti naturali ravennati, in cui si svolsero osservazioni floro-faunistiche, ed anche raccolte entomologiche (ed anche la mia tesi di laurea sui microartropodi del suolo). Molti di quegli amici sono divenuti ottimi docenti, e tutti sono rimasti impegnati nella conservazione della natura; siamo anche rimasti uniti nell'appartenenza alla Unione Bolognese Naturalisti.
Dopo la laurea, il lavoro mi ha portato per alcuni anni a Napoli: anche se non intensamente, raccolsi anche in diversi luoghi della Campania, visitati spesso per ragioni conservazionistiche assieme a Pasquale Capaldo e Giorgio Punzo, fondamentali figure del protezionismo, più anziani ed oggi scomparsi.

Così fu anche quando venni a vivere per altri anni nelle Marche, a Pesaro, dove è nata mia figlia, e a Fano.
Di Pesaro era l'amico Pandolfi, già compagno d'università a Bologna, poi animatore della sezione WWF Marche; insieme conducemmo battaglie decisive per la tutela di aree naturali marchigiane, costiere e montane, ma poco andammo a coleotteri. Massimo aveva però, in anni precedenti, raccolto esemplari che sono adesso nella mia collezione, e che mai più potrebbero ora essere reperiti nei siti di provenienza: come lo Scarites buparius della località costiera di Baia Domizia, attualmente una periferia di Pesaro.
Poi il ritorno a Ravenna per la mia libera professione, a fine anni '70, ed una ripresa delle raccolte che adesso erano estese anche ad altri paesi europei, visitati per lo più in camper: sono soprattutto dei successivi vent'anni gli esemplari raccolti in varie regioni d'Italia ed isole, nelle Alpi orientali, occidentali e Pirenei, nei Vosgi e in Francia, in Germania, nel Velebit, penisola Balcanica ed isole, nel Peloponneso ecc.
Devo riconoscere l'aiuto fornito da mia moglie Roberta, che dotata, allora, di una vista incredibile, trovava di tutto.
I nostri frequenti viaggi a Torino, per far visita a mia figlia Farnia Aurora, avevano sempre una 'appendice' nell'alta Val di Susa, dove insieme facevamo cacce 'a vista' e 'trappolaggi'; inoltre mi portarono in contatto con Leonardo Falletti, carabidologo, con cui si combinarono belle puntate a 'Carabus' nelle Alpi occidentali, Liguria e Francia meridionale.
C'è stato uno 'scambio funzionale' anche con amici dediti ad altre raccolte: Giorgio Lazzari, compagno e maestro di battaglie protezionistiche, mi portava dai suoi viaggi i Coleotteri, ed io dai miei i Gasteropodi a lui; la sua collezione è già ora presso il Museo di Ferrara.
L'acquisto nel 1996 di una casa inserita nel SIC "Monte Vigese", ad 800 metri di quota sull'appennino bolognese, e prospicente una vasta area di proprietà WWF gestita -ne sono stato uno dei creatori e responsabile- come Oasi del suo Sistema, mi ha portato a campionare con molta attenzione la fauna coleotterologica di quell'interessante complesso montuoso, che conserva una grande varietà di ambienti naturali e rinaturalizzati, ed accoglie notevoli presenze di Uccelli e Mammiferi. I risultati sono stati oggetto della tesi di laurea di mia figlia, e di un articolo sui quaderni della Società per gli Studi Naturalistici della Romagna.
La passione per la bellezza funzionale della forma mi ha anche portato all'acquisto di esemplari nelle 'fiere' di Modena, che sono andati ad ingrossare soprattutto le rassegne dei Carabini e Cicindelini mondiali.
Pur così preso da ammirazione per i Coleotteri, non ho mai sviluppato una capacità da vero studioso, così come hanno fatto molti degli amici che afferiscono alla Società per gli Studi Naturalistici della Romagna: forse ero distolto in questo percorso da uno stato d'animo dominato dalla preoccupazione per la conservazione della natura; ho speso infatti molto del mio tempo libero in associazioni -nel WWF dal 1968- che si occupano di tutela ambientale, per decenni, e tuttora.
Sono stato però gratificato dal gesto di considerazione con cui gli amici Gianfranco Sama e Roberto Fabbri hanno voluto dedicarmi due nuove specie da me raccolte: rispettivamente il cerambicide Stenurella sennii della Montagne Noire francese, ed il birride Pedilophorus sennii del Montenegro.

Anche per questo la mia collezione, a parte quelli delle due specie succitate, non contiene né tipi né paratipi.
E' invece una collezione di quasi sessantamila esemplari che, ormai, si può definire 'storica', per la presenza in essa di specie non più oggi reperibili nei luoghi indicati in cartellino, sia per la distruzione antropica degli ambienti naturali, sia per una loro 'evoluzione' verso tipologie più degradate e semplificate, sia per l'intervenuto inaridimento climatico.
Di molte specie sono stati collocati numerosi, forse troppi, esemplari, ma si può considerare che questo possa rappresentare materiale di studio della variabilità dei taxa, soprattutto quando ne compaiono serie provenienti da località geografiche differenti e lontane tra loro.
Per la determinazione delle varie Famiglie mi sono avvalso della gentilezza di amici che hanno raggiunto una notevole competenza nei gruppi indagati: Giuseppe Platia per gli Elateridi, Sama per i Cerambicidi, GianLuca Magnani per i Buprestidi, Pederzani per tutti gli idroadefagi, ed altri, che ringrazio di cuore.
Voglio però ricordare, per i Carabidi, Maurizio Pavesi del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, il quale, per anni ad ogni autunno, si tratteneva presso casa mia un paio di giorni per determinare ,corroborato da bicchierini di whisky, il materiale da me raccolto in quella annata.
Di recente anche un altro 'vecchio' amico e mio vicino di casa, Giorgio Pezzi, entomologo 'ecumenico' e determinatore instancabile (l'ho battezzato "de-terminator"), mi ha messo in ordine alcune Famiglie minori.
Purtroppo, per tempo o pigrizia, non ho proceduto alla determinazione di molte Famiglie, anche ricche di specie, quali gli Stafilinidi e gran parte dei Crisomelidi: spero che il Museo di Ferrara potrà procedere nel tempo al completamento di questo lavoro.
Oggi, ad una età in cui è naturale, e forse anche logico, preoccuparsi del destino delle cose acquisite durante la vita, mi sono posto, come altri amici, il problema della collezione, consapevole che alla mia dipartita difficilmente mia moglie, mia figlia, pur anch'essa biologa ed appassionata di natura, entrambi consenzienti alla donazione, e le mie nipoti Agata e Cecilia, potranno spendere tempo per una sua conservazione ed uso di studio: ed ecco la soluzione individuata, grazie all'interessamento dei vecchi amici Stefano Mazzotti e Fausto Pesarini, rispettivamente attuale e precedente Direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara.
La speranza che anima me e gli altri donatori (ora anche Contarini, e forse successivamente Pederzani, stanno procedendo ad analogo atto) è che il Museo, uno dei meglio strutturati in regione, sia capace per lungo tempo di conservare e valorizzare le collezioni a vantaggio dello studio scientifico e della memoria di una natura così pesantemente aggredita ed impoverita.
Infine una riflessione personale. Credo che la più grande opportunità che si offre ad una entità pensante, nella sua finestra temporale, sia la percezione, pur senza certezze, della complessità dell'esistenza; le ricerche e le indagini naturalistiche sono tra le vie di questa percezione e insegnano a capire come una foresta sia molto più che un insieme di alberi.
Bagnacavallo: Marzo 2020, Leonardo Senni
LA COLLEZIONE DI COLEOTTERI
di Leonardo Senni