Il professor Marco Bondesan ci ha lasciati il 3 gennaio 2023.
La sua scomparsa sarà una grave perdita per le scienze naturali e per l’ambientalismo scientifico a Ferrara. Vogliamo ricordare Marco sia come uomo di scienze, geologo, già docente dell’Università di Ferrara, grande studioso delle vicende geologiche del Delta del Po, sia come ambientalista.
Marco credeva fermamente nella difesa del territorio, a garanzia della qualità della vita di tutti i suoi abitanti, e le sue attività in questo ambito si esprimevano soprattutto nella comunicazione e nella divulgazione scientifica. Non possiamo tralasciare il suo impegno pluridecennale nell'Associazione Naturalisti Ferraresi Amici del Delta che per lungo tempo lo ha visto presidente e poi segretario, vera anima delle sue tantissime iniziative sociali.
Il ricordo di Marco Bondesan rimarrà per sempre vivo in noi del Museo di Storia Naturale.
Per mantenere costante questa sua presenza poniamo in evidenza questa breve autobiografia che scrisse per il nostro sito internet nel 2020.
Un bambino curioso
“Ma lo sai che sei proprio un bambino curioso?” Centinaia di volte mi sono sentito ripetere questa frase … e non solo da bambino. Questa qualifica mi è stata data nelle più svariate occasioni, probabilmente anche in qualche caso in cui l’oggetto del mio interesse non era effettivamente destinato ad essere di pubblico dominio.
E’ certo, però, che la più importante spinta a diventare un naturalista me l’ha data proprio la mia curiosità.
Che, ad esempio, ricordo di aver cominciato a rivolgere ampiamente, già prima di andare a scuola, in città, all’orto dietro casa, dotato anche di pollaio. Uno spazio importante per me, figlio unico con coetanei che abitavano lontano; un orto ricco di argilla, insetti e interessantissimi lombrichi, che, chissà perché, affioravano dal terreno quando pioveva; avevo poi saputo che non venivano fuori “per caso”, ma per poter respirare. Ero ”curioso” proprio per colpa di quei miei pallini: “interessante” e “perché?”.
Erano molto interessanti le galline, i pulcini, ma soprattutto la mia gatta, che praticamente è cresciuta con me fino a 18 anni e che due volte l’anno metteva al mondo almeno quattro gattini; che era poi molto interessante veder crescere, dandomi risposta ad altri perché.
Com’era interessante vivere in campagna, a Jolanda di Savoia, ove eravamo “sfollati” durante la seconda guerra mondiale; là potevo osservare anche girini, rospi, rane, tritoni e salamandre. Ricordo che la rana più bella l'avevo regalata a Iolanda, mia compagna di scuola e amica di quegli anni; la più grande l'avevo invece portata alla maestra, che però (come la mia amica aveva previsto) non le aveva rivolto la considerazione che meritava e me l’aveva subito restituita.
Ma trovavo interessanti anche le case, i paesi, le montagne, le carte geografiche, che non mi stancavo di disegnare. Così, tra i 13 e i 17 anni, le materie in cui avevo i voti più alti erano, oltre all’Italiano, Scienze, Geografia, Storia dell’Arte, Disegno e Fisica; la mia passione per la geometria mi aveva inoltre permesso di cavarmela sempre in Matematica, al Liceo Scientifico considerata un mostro sacro.
Velo pietoso sulle altre materie.
Avevo intanto sviluppato, per conto mio, anche un certo interesse per le scienze sociali.
Non ero dunque uno studente equilibrato. Non ero neanche uno squilibrato, per fortuna, ero uno con delle predilezioni ben definite. Non dovete però pensare che questo mi abbia favorito nella scelta della facoltà universitaria. Mi interessavano gli animali, ma più che altro mi interessava il loro comportamento, anche perché ero convinto (e lo sono tuttora) che, se non si capisce quello, non si può nemmeno capire il comportamento degli umani; d’altronde l’idea di prendere una laurea in scienze politiche proprio non mi quadrava. Così, dopo essere andato a sentire varie lezioni in diversi corsi di laurea, mi iscrissi ad Architettura, a Venezia.
A quel tempo però Venezia non era attrezzata per accogliere degli studenti fuori sede; così tornai in crisi, a vagare tra le aule di varie sedi universitarie ad ascoltare lezioni e conferenze.
“E’ nella crisi che nascono le soluzioni, le strategie importanti”. Forse sto esagerando, citando Einstein, ma posso dire che tutto sommato quei miei tentennamenti non furono tempo perso: dopo qualche mese, infatti, trasferii il mio libretto all’Università di Bologna, a Geologia. Definitivamente.
Avendo già sostenuto vari esami di base, fui ammesso al secondo anno e dopo tre anni assai divertenti mi laureai a pieni voti. In quel tipo di studi potevo mettere a frutto i miei “talenti” in geometria, disegno, montagne, carte geografiche; nonché il mio interesse per i paesi e le città, la cui posizione e forma non è mai casuale, dipende soprattutto dalla geologia. E ho potuto sfruttare anche il mio interesse per gli animali, con un esame di zoologia e due esami di paleontologia.
Quante risposte a quanti perché!
Di etologia e sociologia mi occupavo magari nelle ore libere. Per tutto il resto della mia vita sono rimasto fedele agli stessi input: “interessante” e “perché?”; e non ricordo di essermi mai annoiato.
Nei primi due anni da laureato avevo lavorato come rilevatore per il CNR, nelle Alpi Carniche, ma poi quel programma di ricerca era finito. Stava intanto nascendo il corso di laurea in Scienze Geologiche anche a Ferrara, così mi proposi come assistente volontario. Per mantenere la famiglia facevo l’insegnante alle Scuole Magistrali (e anche quell’esperienza mi è stata molto utile). All’Università tenni per anni un insegnamento di Aerofotogrammetria-fotogeologia da me stesso allestito, assai frequentato e che non mi rendeva una lira. Però era fantastico osservare quanto sia interessante la Terra vista dall’alto e quanti nuovi “perché” ci proponga.
All’inizio degli anni Settanta incorporai queste discipline in un corso di Topografia e Cartografia per geologi, un fondamentale, finalmente stipendiato, che mi dovevo aggiudicare ogni anno per concorso. Entrai finalmente in ruolo con le riforme dei primi anni Ottanta, su insegnamenti di tipo geologico-ambientale.
Le mie ricerche le ho rivolte soprattutto alla dinamica dei fiumi e dei litorali, alle zone umide, alle pianure alluvionali e al rischio geomorfologico, coordinando tra l’altro la stesura di gran parte della Carta Geomorfologica della Pianura Padana. Registravo intanto l’ignoranza, spesso voluta, delle problematiche dei territori da parte dei responsabili della loro manutenzione. Perciò ne convinsi alcuni ad interessarsene maggiormente e diressi le indagini geologiche per i piani regolatori di vari comuni, tra cui quelli di Ferrara del 1975, 1995 e 2002. Quello del 1975 è stato in assoluto uno dei primi studi di geologia urbana.
Considerati i miei “primi amori”, mi riusciva facile lavorare con gli architetti.
Ma già alla fine degli anni Sessanta ero diventato un ambientalista (eravamo pochissimi allora). Assieme al prof. Edoardo Semenza e ad altri docenti universitari e di scuola media, fondai la Società Naturalisti Ferraresi, un’associazione di promozione sociale che da ormai 50 anni opera per la divulgazione delle scienze e la protezione di aree di particolare interesse naturalistico. In quegli anni lontani, con la giovanissima Italia Nostra, mi ero inoltre dedicato alla progettazione di un Parco per il Delta del Po.
Ho poi lavorato in varie commissioni della Regione Emilia Romagna (in particolare per l'Istituto Regionale per i beni artistici, culturali e naturali), e nella Provincia di Ferrara, ove ho ottenuto, ad esempio, la protezione delle dune di Massenzatica e la costituzione in Oasi di tale geotopo.
Nel 1997 mi è stato proposto di collaborare alla gestione del Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna. A me la cosa non piaceva: io mi ero battuto per un parco nazionale; invece erano nati due parchi regionali, fatti apposta, secondo me, proprio per
evitare il parco unico. Ma alla fine cedetti all’insistenza del primo direttore, che era stato un mio bravo studente e poi collega (“il parco unico forse arriverà, ma intanto bisogna salvare quel tanto di natura che c’è”), rassicurato dalla stima che nutrivo per il nuovo direttore, una signora architetto con la quale avevo già avuto modo di lavorare. Così entrai nel Comitato Tecnico Scientifico e vi rimasi fino al suo scioglimento, dodici anni dopo. Coordinavo altri 7 esperti di valore: un biologo, un botanico, un agronomo, un chimico-naturalista, un architetto-urbanista, uno storico e un geologo esperto del territorio ravennate. Unico compenso: un modesto gettone di presenza cadauno per le riunioni collegiali (di frequenza all’incirca mensile) più eventuali spese di trasferta “a partire da Comacchio”. In tempi di consulenze strapagate è una cosa che va precisata.
E’ stata però per me e per tutti un’esperienza assai gratificante; avevamo la possibilità di valutare la relazione uomo-territorio veramente in modo interdisciplinare e di operare anche nella divulgazione scientifica e nella promozione turistica.
Nel 2008 fui chiamato a far parte anche del Comitato Scientifico del Parco Regionale Veneto del Delta del Po. Mi adoperai per far convergere le due istituzioni, come avevo già fatto ad esempio nel 2006 con la realizzazione della mostra ”Il Delta fra memoria e futuro”.
Poi, in seguito alla scomparsa degli enti intermedi voluta dal ministro Tremonti, in queste istituzioni è arrivato il terremoto: i comitati scientifici sono stati sciolti e non più ricostituiti (benché previsti dalla legge) o non attivati. A me è stato chiesto di occuparmene ancora per qualche tempo; non solo non ci ho ricavato un euro, ma nemmeno un grazie, solo delle critiche insensate. Mi è stato detto che nel giudicare le domande di nuove costruzioni e attività economiche sul territorio avevo detto troppi “no”. Io credo invece di aver trovato risposta a troppi “perché”.
Marco Bondesan, agosto 2020
Accenni alle tante attività del Prof. Marco Bondesan sono pubblicati nel sito della Associazione Naturalisti Ferraresi,
www.naturalistiferraresi.org